Nutrirsi. Estate 2022
testi di: Ingeborg Bachmann, Anton Čechov, Ata Issa Khasaf, Narcisa Tamanini, Lev N. Tolstoj, Diego Valeri
dipinti di Cao Yingbin 曹应斌
Nulla di più bello che guardare il bastone nell’acqua
e l’uccello nel cielo
ponderare il suo volo, e in basso i pesci nel banco.
Ingeborg Bachmann, Nichts Shönres unter der Sonne als unter der Sonne zu sein, Kiefel Verlag, 1989
Canicola
C’è un feroce rosso cane
che a muti passi va per il cielo,
la lingua fuori, arruffato il pelo,
e si getta alle aeree fontane.
Ma tutto l’azzurro è secco già,
ogni polla s’è dentro ritratta:
resta una sabbia grigia compatta
a colmare l’immensità.
Cammina il cane lento lento,
spande una bava di nuvole gialle.
La terra, giù, curva le spalle
per sostenere il peso del tempo:
senza gioia, senza dolore,
senza memoria, come un automa,
dei millenni porta la soma,
e ascolta il battito del suo cuore.
Diego Valeri, Poesie, Mondadori, Milano, 1977
L’è istà
En piat de ciarese madure,
na padèla de brise rostìde,
en bon odor de fen en de’l prà
Questa chì l’è istà.
Giornade longhe, siori en le strade,
gènt par legna e par farlèt,
pìcioi e grandi col vis sudà
Questa chi l’è istà.
Grìi che canta, cigale che stordìss,
porte e finestre spalancade,
boci che giuga en libertà
Questa chi l’è istà.
Narcisa Tamanini, L’è istà, Bedollo, Trento, 1977
37
Unicità…
Sotto pesante pioggia
Il cuculo e l’albero
Sono diventati
Uno solo.
52
Un usignolo
Marca il territorio
Con poche note pure
Come preghiera.
118
Pure questo colibrì
Vola alto nel cielo
Apre il suo cuore
Alla legge del vuoto.
Ata Issa Khasaf, Uccelli (bozzetti d’osservazione), Salarchi Immagini, Ragusa, 2020
Immaginarsi di dipingere un quadro, con dettagli e colori
Se un pittore paesaggista si troverà mai a Sachalin, raccomando alla sua attenzione la valle di Arkovo. È un luogo, oltre che situato in una posizione incantevole, straordinariamente ricco di colori, tanto che è difficile evitare la logora similitudine con un tappeto variopinto o un caleidoscopio. Ecco la fitta vegetazione ricca di linfa con bardane giganti che luccicano per la pioggia recente, e lì vicino, su un campo che non supera le tre sagene, verdeggia la segale, poi un tratto a orzo, e laggiù di nuovo bardane, oltre le quali c’è un pezzetto di terra seminato ad avena, poi un quadratino di patate, due girasoli alti alti con le teste chine, dopodiché si insinua come un cuneo una canapaia di un verde intenso, qua e là si leva orgogliosa qualche ombrellifera somigliante a un candelabro, e tutta questa varietà di colori è cosparsa dalle macchioline rosso chiaro e scarlatte dei papaveri. Per strada si incontrano donne che per ripararsi dalla pioggia si coprono il capo con grandi foglie di bardana e per questo sembrano verdi scarabei. E ai lati le montagne, anche se non sono caucasiche, sono pur sempre montagne.
Anton Cechov, Né per fama né per denaro. Consigli di vita e di scrittura, Beat, Padova, 2015
[…] Quanto più Lévin falciava, tanto più spesso sentiva dei momenti di oblìo, nei quali non le mani agitavano la falce, ma la falce stessa muoveva dietro di sé tutto il corpo consapevole di se medesimo, pieno di vita e, come per magia, senza che vi si pensasse, il lavoro regolare e preciso si faceva di per sé. Erano i momenti più beati.
Era difficile solo quando bisognava far cessare questo movimento che s’era fatto inconsapevole, e pensare; quando bisognava falciare tutt’intorno a un monticello di terra o all’acetosella non sarchiata. Il vecchio lo faceva facilmente. Veniva un monticello, egli mutava movimento e dove con il tallone, dove con l’estremità della falce batteva di sotto il monticello da tutt’e due le parti con piccoli colpi. E facendo questo, guardava e osservava sempre quel che si scopriva dinanzi a lui; ora ne strappava una piantina, la mangiava e la offriva a Lévin, ora gettava via col piede della falce un ramo, ora osservava un piccolo nido di quaglia, donde proprio di sotto alla falce volava via la femmina, ora acchiappava una vipera capitata sulla strada e, sollevatala con la falce come con una forchetta, la faceva vedere a Lévin e la gettava via. […]
Lev N. Tolstoj, Anna Karenina, radiciBUR Rizzoli, Milano, 2011
Nulla di più bello che guardare il bastone nell’acqua
e l’uccello nel cielo
ponderare il suo volo, e in basso i pesci nel banco.
Ingeborg Bachmann, Nichts Shönres unter der Sonne als unter der Sonne zu sein, Kiefel Verlag, 1989
Canicola
C’è un feroce rosso cane
che a muti passi va per il cielo,
la lingua fuori, arruffato il pelo,
e si getta alle aeree fontane.
Ma tutto l’azzurro è secco già,
ogni polla s’è dentro ritratta:
resta una sabbia grigia compatta
a colmare l’immensità.
Cammina il cane lento lento,
spande una bava di nuvole gialle.
La terra, giù, curva le spalle
per sostenere il peso del tempo:
senza gioia, senza dolore,
senza memoria, come un automa,
dei millenni porta la soma,
e ascolta il battito del suo cuore.
Diego Valeri, Poesie, Mondadori, Milano, 1977
L’è istà
En piat de ciarese madure,
na padèla de brise rostìde,
en bon odor de fen en de’l prà
Questa chì l’è istà.
Giornade longhe, siori en le strade,
gènt par legna e par farlèt,
pìcioi e grandi col vis sudà
Questa chi l’è istà.
Grìi che canta, cigale che stordìss,
porte e finestre spalancade,
boci che giuga en libertà
Questa chi l’è istà.
Narcisa Tamanini, L’è istà, Bedollo, Trento, 1977
37
Unicità…
Sotto pesante pioggia
Il cuculo e l’albero
Sono diventati
Uno solo.
52
Un usignolo
Marca il territorio
Con poche note pure
Come preghiera.
118
Pure questo colibrì
Vola alto nel cielo
Apre il suo cuore
Alla legge del vuoto.
Ata Issa Khasaf, Uccelli (bozzetti d’osservazione), Salarchi Immagini, Ragusa, 2020
Immaginarsi di dipingere un quadro, con dettagli e colori
Se un pittore paesaggista si troverà mai a Sachalin, raccomando alla sua attenzione la valle di Arkovo. È un luogo, oltre che situato in una posizione incantevole, straordinariamente ricco di colori, tanto che è difficile evitare la logora similitudine con un tappeto variopinto o un caleidoscopio. Ecco la fitta vegetazione ricca di linfa con bardane giganti che luccicano per la pioggia recente, e lì vicino, su un campo che non supera le tre sagene, verdeggia la segale, poi un tratto a orzo, e laggiù di nuovo bardane, oltre le quali c’è un pezzetto di terra seminato ad avena, poi un quadratino di patate, due girasoli alti alti con le teste chine, dopodiché si insinua come un cuneo una canapaia di un verde intenso, qua e là si leva orgogliosa qualche ombrellifera somigliante a un candelabro, e tutta questa varietà di colori è cosparsa dalle macchioline rosso chiaro e scarlatte dei papaveri. Per strada si incontrano donne che per ripararsi dalla pioggia si coprono il capo con grandi foglie di bardana e per questo sembrano verdi scarabei. E ai lati le montagne, anche se non sono caucasiche, sono pur sempre montagne.
Anton Cechov, Né per fama né per denaro. Consigli di vita e di scrittura, Beat, Padova, 2015
[…] Quanto più Lévin falciava, tanto più spesso sentiva dei momenti di oblìo, nei quali non le mani agitavano la falce, ma la falce stessa muoveva dietro di sé tutto il corpo consapevole di se medesimo, pieno di vita e, come per magia, senza che vi si pensasse, il lavoro regolare e preciso si faceva di per sé. Erano i momenti più beati.
Era difficile solo quando bisognava far cessare questo movimento che s’era fatto inconsapevole, e pensare; quando bisognava falciare tutt’intorno a un monticello di terra o all’acetosella non sarchiata. Il vecchio lo faceva facilmente. Veniva un monticello, egli mutava movimento e dove con il tallone, dove con l’estremità della falce batteva di sotto il monticello da tutt’e due le parti con piccoli colpi. E facendo questo, guardava e osservava sempre quel che si scopriva dinanzi a lui; ora ne strappava una piantina, la mangiava e la offriva a Lévin, ora gettava via col piede della falce un ramo, ora osservava un piccolo nido di quaglia, donde proprio di sotto alla falce volava via la femmina, ora acchiappava una vipera capitata sulla strada e, sollevatala con la falce come con una forchetta, la faceva vedere a Lévin e la gettava via. […]
Lev N. Tolstoj, Anna Karenina, radiciBUR Rizzoli, Milano, 2011